Milano archeologica. Scavare nel passato per progettare il presente

prof. arch. Luisa Ferro

La musealizzazione dell’area archeologica di via Brisa e del Palazzo imperiale, il suo ampliamento come estensione di un rinnovato Museo archeologico furono affrontati con un progetto realizzato dalla Scuola di Architettura Civile del Politecnico di Milano con la sezione di Milano di Italia Nostra negli anni antecedenti l’Expo 2015. Il progetto, ancora di grande attualità, si potrebbe inquadrare in una più vasta strategia di valorizzazione, in chiave culturale e turistica, di un percorso attraverso le vestigia di Milano capitale dell’Impero Romano: una Passeggiata archeologica di Mediolanum intesa come sistema articolato di luoghi e itinerari nel corpo della città, un grande museo en plein air, attraverso il quale verrà conferito nuovo significato ai singoli reperti, ad oggi avulsi da un’originaria e più complessa unità della quale facevano parte.

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Milano moderna e il mito di Mediolanum 
Invenzioni e trasposizioni dell’antico

prof. arch. Angelo Torricelli
A Milano i segni della città romana non sono evidenti, sia per la scarsità dei reperti archeologici a cielo aperto, sia per le difficoltà nell’identificare l’impianto di fondazione.

Tuttavia l’eredità di Mediolanum costituisce una sorta di forma nascosta o di antecedente mitico, una valenza analogica che coincide con la permanenza di un’idea di città alla quale si è riferito il progetto di architettura in diversi momenti della storia; nei quali, a Milano, l’antico è stato assunto come principio di nuova architettura.

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Quale futuro per il patrimonio dell’architettura moderna milanese?

Antonella Ranaldi – Soprintendente archeologia, belle arti e paesaggio Città Metropolitana Milano
Marco Prusicki – Presidente della Commissione per i Paesaggio Comune di Milano

Il consistente patrimonio dell’“architettura moderna” di Milano, parte fondamentale del suo paesaggio urbano e il cui grande valore specifico è ormai internazionalmente riconosciuto, è oggi sottoposto a una forte pressione trasformativa. Proponiamo una riflessione per individuare specifiche forme di protezione a partire da una approfondita lettura critica dei valori da salvaguardare e dalla messa a fuoco di obiettivi condivisi per la gestione degli interventi.

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Il Grande Progetto Pompei (varato nel 2015 e coordinato dal prof. Massimo Osanna) si sta rivelando sempre più come un grande laboratorio multidisciplinare di gestione della complessità. Si tratta di una occasione (oggi ancora rara) per definire il ruolo del progetto in relazione all’archeologia, nonché il ruolo del nuovo nell’antico. La tensione verso il progetto nell’archeologia implica muoversi su due fronti: quello della lettura critica dei resti archeologici e quello della nuova costruzione nell’antico. Appropriarsi del rudere è un itinerario complesso di conoscenza che ha come obiettivo un progetto coerente con gli strati, con le sequenze temporali, rendendo visibili anche gli interventi di restauro svolti in passato. Il progetto diventa quindi una sorta di racconto che fa intravvedere l’intero senza ricostruirlo, evidenziando le virtualità del rudere così come è giunto fino a noi. Si tratta di un metodo particolare, anche privilegiato, un’opportunità per interrogare i luoghi, conoscerli, cogliendone le misure, le proporzioni, il cammino, il passo, il ritmo del paesaggio, cogliendone anche le interruzioni, le incoerenze, i cambi di orientazione, i vuoti. I progetti qui presentati sono il risultato di un lavoro di ricerca multidisciplinare (ancora in corso) svolto grazie ad un Protocollo di collaborazione scientifica tra il Parco Archeologico di Pompei e il Politecnico di Milano (Responsabile e coordinatore scientifico Luisa Ferro).

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Nella seconda metà del XIX secolo, sotto la spinta della rivoluzione industriale e del conseguente incremento della popolazione le principali città europee, compresa Milano, dovettero affrontare il problema di regolare in sicurezza lo sviluppo urbano, risolvendo i problemi igienico sanitari già critici nelle città preesistenti spesso afflitte da gravi epidemie.

Uno dei principali provvedimenti universalmente utilizzati fu la realizzazione di moderne reti di acquedotto e fognatura.
I due sistemi, concepiti dopo lunghi e approfonditi studi per adeguarli alle caratteristiche peculiari del territorio milanese, si svilupparono sulla base di pianificazioni contestuali all’estensione della città perfezionandosi ed evolvendosi per rispondere alle nuove esigenze del contesto urbano e ambientale, tanto da rappresentare ancora oggi un modello di funzionalità ed efficienza apprezzato a livello internazionale.

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La pianura padana si presenta in quasi tutte le stagioni dell’anno come uno dei territori italiani ed europei più ricchi d’acqua sia superficiale che profonda, questo fatto ne ha sempre caratterizzato la fertilità e la ricchezza. L’uomo poi attraverso i secoli ha contribuito saggiamente a regimentare e sfruttare questo patrimonio con canalizzazioni ed opere idrauliche accrescendo ancora di più tale meraviglioso patrimonio e rendendo ricco e fortunato questo territorio. Acque per irrigare, da bere, per navigare sono soltanto i principali più noti e conosciuti utilizzi dell’acqua, ma ad essi si affiancano utilizzi meno vitali ma pur sempre utilissimi per il progredire della civiltà e del benessere: difesa della città, forza motrice, usi ludici, fonti sacre. La breve presentazione ben lungi dal voler essere completamente esaustivastante la vastità dell’argomento vuole tuttavia ripercorrere con una velocissima carrellata tutti questi usi primari e secondari svolti sul nostro territorio fin dai tempi più lontani ed evidenziare quanta parte tale risorsa ha avuto nella nostra storia. Il racconto vuole così sottolineare e promuovere la tutela di questa vitale ed insostituibile risorsa che, a diversità del passato e meno saggiamente, nell’ultimo secolo è stata al contrario offesa e danneggiata forse irrimediabilmente.

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dal libro di Salvatore Sutera
interverrà il Presidente Edoardo Croci

La produzione della seta in Sicilia a partire da una località ben specifica: la valle del Fitalia. Scendendo un po’ a valle sopravvive ancora un albero che fino a qualche secolo fa era quello più ricercato per la sua foglia e per l’uso che se nefaceva: il gelso che nutriva il baco per produrre la seta, la più preziosa tra le stoffe che a partire dal 1400 e fino al 1800 fece la fortuna di principi e baroni che regnarono su questa terra…successivamente la seta arrivò al nord Italia, Lombardia compresa, facendo la ricchezza di questi territori.

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